DIARIO DI UNA TEENAGER AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Teenager, ai tempi del coronavirus, in recupero del crociato. Non c’é incipit migliore per immaginare la mia situazione a casa.

La sveglia suona presto, anzi no! Nessuna sveglia, solo mia mamma che si alza dal letto svegliandomi accidentalmente alle 6:45 del mattino, ogni volta. Ed io tengo gli occhi chiusi per farla compiacere dalla vista di me, la sua amabile bimba, beata nel letto e coccolata dal sonno, sperando che si dimentichi di essere stata poche ore prima disturbata dal mio russare.

Non so per quale strana legge della fisica, più tempo libero mi sembra di avere, meno ne ho effettivamente. Dopo le cinque ore di didattica a distanza, nelle restanti undici della giornata sono occupata ad escogitare modi per non annoiarmi, lasciando che il tempo mi scorra da testa a piedi (ancora impigiamata) in maniera del tutto del tutto indifferente, per arrivare a sera e stupirmi piacevolmente del fatto che “anche questo giorno si é concluso”.

Della serie: accendere Netflix e perdere tempo a cercare un film, invece di decidere di guardarne uno, fino ad esaurirsi, chiudere ed andare a dormire… “Serie” e “Netflix” non sono parole prese a caso, sintetizzano perfettamente la vita del 80% degli italiani in questo momento, e in quel 20% rientro io, che sfortunatamente o per fortuna non sono psicologicamente pronta per una relazione a tempo pieno con l’ipad Mi piace scrivere, disegnare e leggere, ma più di tutti amo polemizzare e quindi nella mia “arte” esprimo continuamente l’esistenziale frustrazione che mi tormenta.

Eppure il mondo che vedo, lo vedo a colori e i miei preferiti sono quelli caldi della mattina che illuminano la cucina di casa mia.

La verità è che io mi fingo infastidita dalla prematura sveglia di cui mia madre é causa, perché infondo adoro essere mattiniera e svegliarmi con calma. Essendo costantemente incastrata a vivere giornate scandite dagli orari precisi dei pasti, mi piace almeno sentirmi libera di alzarmi presto per fare quello che mi va, anche se quello “che mi va” non é molto, e si realizza nello stare in cucina, seduta, con i primi raggi del sole di Marzo che bucano le finestre e mi pungono la pelle.

Concluse le lezioni, inizio il mio primo pomeriggio immergendomi in uno studio morboso e viscerale di quello che considero sia utile sapere bene, intraprendendo un apprendimento panico e ceco di scopi finali, che mi spazientisce a livelli astrali (simpatica rima risparmiabilissima ahaha).

Voglio fare un appello a tutti i maturandi come me e invitarli a farci forza e stringerci le mani (maniacalmente igienizzate) per rendere il più normale possibile questa situazione.

Alla fine, più ci penso più capisco che non sono per niente messa male qui a Lucca: vivo in buona compagnia e di tante persone, quali il coronavirus ha destinato impossibilitate a tornarsene a casa, io mi sono pappata mia mamma, che é indiscutibilmente una fra le migliori donne del mondo, una casalinga.

Ho sviluppato una sorta di meccanismo fisiologico interno che mi permette di misurare, con una precisione cronometrica, il tempo che passa.

Per merito di tutte quelle volte che ho infornato dolci o piatti sfiziosi e nonostante un’infanzia passata a vivere in casa con un mugnaio, solo facendo la pizza oggi, conosco effettivamente tutti i tipi di farine esistenti. Per non parlare del cibo sano, che scopro si possa presentare in indefinite maniere più appetibili rispetto alla classica insalatina di pollo e verdure.

Nel tardo pomeriggio, a giorni alterni, esaurisco la giornata facendo esercizi per il ginocchio, vado sempre più a definire questa nuova immagine che mi sono fatta di me e l’esperienza mi insegna che sono una tipa disposta a fare qualunque cosa pur di vedere realizzati i propri desideri, tutto… Ad esclusione delle isometrie però, perché evidentemente non sono stata creata per quelle.

Non c’è nulla di male nel cucinare o fare giochi da tavola col fine di far volare il tempo… Il problema si pone quando, contro ogni mio ordine morale, mi metto lo smalto o mi trucco!

Non esistono spiegazioni logiche a queste alterazioni violente della stabilità psicofisica della mia persona, sento che il mio corpo cede davanti all’ingiustizia che domina il mondo e giuro che un’altra settimana così e mi metto tacco 12 per gli esercizi di propriocezione settimanali.

Ci penso spesso a quanto accade e provo compassione per questo mondo che soffre la sua condizione, ma anche l’oggettiva incapacità nostra (umana), di cambiargliela. E stiamo fermi, chiusi in casa, salvando il salvabile e attendendo che le situazioni si ridimensioni con almeno un quarto della velocità con la quale si é aggravata.

Sinceramente, delle volte, fermarmi e riflettere mi suscita timore, per questo tento di dilettarmi nella rinomata e disdicevole arte del “lavarsene le mani”, perché l’ignoranza non mi faccia prendere cognizione della realtà e mi risparmi, forse, qualche dispiacere. Nella speranza che tutto passi, mi impegno ad ingegnarmi in qualcosa che mi distragga, approfittando per conoscermi di più e per migliorare quanto posso nella relazione futura con gli altri.

C’è bisogno di amore di questi tempi è io sono disposta a donarlo come se fosse la cura ad una disarmante pandemia. Magari no, ma é l’unica risorsa che ho.