BONJOUR, ANCHE SE PIOVE

Piove.

Spesso e volentieri. Nel nord della Francia il sole non esce neanche se preghi. A volte ti sorprende, così, dal nulla. Generalmente però lo fa mentre mi sto allenando, e dalle finestre giganti dell’arena entrano dei raggi che però non puoi goderti.

Piove, ed è bello così. Dico spesso che tanto il sole basta averlo dentro. Così mi tengo allenata ad immaginarmelo.

Qui per me il campionato è iniziato in salita ripida, abbiamo vinto solo una partita delle 5 giocate, e questo sicuramente lascia un peso che va pian piano smaltito, cercando di trovare i giusti incastri e la giusta chimica per far funzionare questa macchina che ha potenzialità sicuramente importanti. Il campionato francese è incredibile per la sua fisicità e per l’intensità di ogni partita. Nel campionato Turco o in quello Italiano magari capita che qualche weekend lo prendi più alla leggera, mentre qui non puoi permettertelo. Ogni partita puoi vincerla, come perderla, indipendentemente che tu sia primo in classifica o ultimo nella lista. Succede sempre, ogni weekend, che qualcuno ci lasci le penne, sulla carta, inaspettatamente.

Al contrario in EuroCup stiamo andando forte, e per ora siamo a tre vittorie su tre partite. È strano non partecipare all’Eurolega dopo tanti anni, ma allo stesso tempo è stimolante e bello poter vivere un’altra competizione Europea, per me nuova.

Charleville-Mezieres non è Istanbul. Dopo due anni passati nel traffico intenso di una delle capitali più popolate del pianeta, è bello ritrovarsi in un posto dove tutto sembra raggiungibile in pochi minuti, senza code infinite e ore passate dentro ad un taxi. Istanbul rimane una delle città più belle al mondo, ma viaggia ad una velocità che non è la mia, per questo sono contenta di essere in un posto che ha una dimensione più piccola: qui ti senti effettivamente parte del posto in cui vivi.

È così anche per il basket. Ma non solo a Charleville-Mezieres: è così ovunque in Francia. E forse qualcosa – o anche più di qualcosa – potremmo impararla dai cugini Francesi. Da Italiana mi brucia dirlo, però hanno una marcia in più. Nei modi, in come sono organizzati, il fatto che ogni giocatrice sia considerata professionista, come presentano le squadre prima di una partita, il trovarsi con tutti gli sponsor dopo ogni gara casalinga.

La cosa che mi sorprende di più è che questo accade anche nelle squadre di bassa classifica. I francesi hanno un modo di coinvolgere che è messo in conto nell’idea di investimento di squadra, che porta la gente a godersi lo spettacolo e allo stesso tempo anche a sentirsi parte integrante di esso.

Posso dire con certezza che niente di ciò che accade qui succede in Turchia o in Italia, dove tutto sembra fatto solo e unicamente per raggiungere un risultato finale – vincere – che va aldilà del creare un qualcosa di bello anche per la comunità che c’è attorno. Ai Francesi interessa vincere, infatti vincono – spesso e volentieri-. Ma ai Francesi interessa anche costruire una mentalità condivisa, un modo di fare produttivo per tutto il movimento, un modo di vivere la pallacanestro che dura nel tempo.

Insomma, qui piove, ma l’acqua dentro le mie scarpe è resa più dolce dal fatto che mi guardo attorno e imparo. Imparo oltre al basket. Imparo oltre i risultati. Imparo da chi ha saputo in qualche modo costruirsi un’etichetta vincente.

Imparo, nella speranza – un giorno – di poter anche io costruire qualcosa. Di poter anche io portare alla mia Italia qualcosa che poi duri nel tempo. Qualcosa che resterà.

Giorgia Sottana